I t i n e r a r i
C e r v i n a r a City
Il portale della città di Cervinara
Mondanità a palazzo Caracciolo
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Il 28 ottobre 1911
il comitato organizza una lotteria abbinata ad un concerto che si tiene nel
cosiddetto Salone del Biliardo, nel palazzo marchesale. Il ricavato della
vendita dei biglietti fu di lire 651,20. Il concerto fu un successo.
Parteciparono l’onorevole Girolamo del Balzo, il sindaco Domenico Clemente,
Adelina Lapati Bruno (moglie del sindaco Domenico Bruno, in carica prima di
Clemente), Elisa Doria, Evelina e Marianna Clemente, il cav. Bernardo Girardi, i
fratelli Alfonso, Fortunato e Vincenzo Doria, discendenti da un illustre casato.
Nel 1919 presso il palazzo marchesale furono ricevuti gli allievi del
Collegio Militare di Napoli. La notizia venne riportata dal settimanale “Lo
Staffile” del 24 agosto di quell’anno. Nel salone del palazzo si tenne la
commedia “Addio giovinezza”, interpretata dalle contessine Giulia, Emma e
Bianca del Balzo e da Concettina Bruno. Il pubblico (tutto femminile)
apparteneva alla nobiltà ed all’alta borghesia del tempo: Amalia, Concettina
e Amelia Bruno, Maria e Camilla Bove, la contessa Cenci-Bolognetti, Giovannina,
Annarita e Luisa Barionovi, Olga, Alessandrina e Raffaellina Clemente, Dorotea e
Amalia Doria, Giuseppina Lapati, Matilde, Clara e Annina Pagnozzi, Maria, Teresa
e Lucia Valente. Prima del rientro a Napoli gli allievi furono accolti in Comune
dal sindaco cavalier Doria, dal deputato provinciale cavalier Doria, dal
deputato provinciale Domenico Clemente, dall’avvocato Girardi, dal’ispettore
Bianco, dai dottori Antonio e Donato Pagnozzi, dagli avvocati Alfonso Bruno e
Pasquale Clemente, dal dottor Doria e dal cavalier Fuccio. Queste notizie erano
riferite da “Lo Staffile” del 24 agosto 1919, che continuava la cronaca con
dovizia di particolari. Dopo il saluto del cavalier Domenico Clemente e la
parata degli allievi in piazza Mercato dinanzi al colonnello Crema, questi premiò
le vedove di alcuni combattenti. Rosina Clemente, Filomena Piccolo, Andreanna
Ferraro e Giovannina Russo ebbero ciascuna cento lire dal ricavato della recita
fatta in casa del Balzo. Una folla festante di cervinaresi accompagnò poi tra
gli applausi il treno che riportava a Napoli gli allievi e che mosse dalla
stazione alle ore 15.42.
Nonostante il prestigio altissimo di cui in quel momento godeva il
cavaliere Domenico Clemente tra i cervinaresi, vi è notizia di una irriducibile
rivalità che lo divideva dal conte Giuseppe del Balzo di Presenzano. Marro, nel
suo libro sui sindaci ed i podestà cervinaresi, riporta un episodio che scatenò
la rappresaglia del conte del Balzo e che fu causa dell’esclusione di Clemente
dalla carica di Podestà alla quale, nel 1927, il Capo del Governo lo aveva
proposto a sua maestà il Re per i meriti acquisiti alla causa del fascismo. Il
casus belli fu una fotografia circolante in paese con la caricatura di un uomo
dal naso lungo e adunco che sembrava quella del conte. La fotografia fu
appiccicata sul portone del palazzo marchesale, con grande risentimento del
conte e della sua famiglia, i quali attribuirono la cosa al partito di Clemente.
Il conte pare che si vendicasse al momento opportuno. Appena ebbe saputo che
Domenico Clemente era stato proposto come Podestà si rivolse alle influenti
amicizie che aveva a Corte e senza grosse difficoltà fece bocciare la proposta.
Al posto di Clemente fu eletto l’onorevole
Edoardo Brescia, che proprio Clemente dovette accompagnare in Municipio
per l’accoglienza di rito. |
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I simboli sulla facciata
TESI
DI LAUREA: Simona De Nicolais
IL RESTAURO DEL PALAZZO MARCHESALE “CARACCIOLO DEL BALZO” DI CERVINARA
Le pietre ci parlano attraverso questi edifici che racchiudono ancora tutto il
loro fascino ed il loro significato misterioso in un perfetto ‘condensato’
di materia e spirito.
Esiste un legame tra le geometrie invisibili delle Cattedrali ed il “Real
Segreto” dei Maestri Costruttori, un “Segreto iniziatico” che ancora una
volta, sostiene l'identità spirituale dell'umanità. (5)
Forse furono i Templari ad istruire ed a trasmettere agli eredi dei "Figli
di Salomone", i Massoni, le conoscenze necessarie.
I costruttori vennero definiti "Compagni del Dovere di libertà" e,
secondo L. Charpentier, non nascosero mai di aver ottenuto la loro "capacità"
da una 'geometria descrittiva' di cui i Cistercensi erano i detentori (S.
Bernardo Da Chiaravalle, cistercense, fu il protettore dei Templari e ad essi
aveva affidato 'una missione da compiersi in Terrasanta").
Tuttavia, affinché la comunicazione del sapere fosse riservata a pochi eletti,
i veri iniziati si attennero sempre alla disciplina del silenzio e parlarono con
estrema cautela.
La verità doveva essere alla portata solo di quelli che erano in grado di
conoscerla e di capirla e perciò fu ammantata di immagini, allegorie e simboli
che alludessero a quello che si chiedeva fosse intuito.
I Rosa-Croce, i Templari ed i Massoni usarono la simbologia per riconoscersi e
comunicare attraverso una sorta di argot incomprensibile ai profani.(6)
Nell'antica Grecia, per avere un segno di riconoscimento fra i membri di una
stessa comunità, si spezzava in più parti un oggetto (una moneta, un vaso, od
una tavoletta di bronzo) e se ne consegnava un frammento ad ogni persona. Il
possessore di una delle parti poteva così farsi riconoscere mostrando il
proprio frammento. Le diverse parti dell'oggetto che, da sole, non avevano alcun
significato, unite, ricostituivano l'oggetto stesso restituendogli la sua
identità fisica ed il suo scopo. Tale segno di riconoscimento era chiamato
"Simbolo" dal greco "Sùn" = insieme e "Bàllo" =
gettare-tenere cioè: che tiene assieme.
In senso più lato, il simbolo indica un'idea, una legge, un principio, un fatto
e le idee così come le quantità, si leggono indifferentemente in qualsiasi
lingua conservando sempre lo stesso significato. Il creare un simbolo è sempre
un atto volontario tramite cui stabilire un rapporto fra uomini, fra uomini e
cose, fra uomini ed Entità Superiore. Un simbolo può essere sempre considerato
da una infinità di punti di vista, ed ogni iniziato può scoprire in esso un
significato conforme alla logica delle proprie concezioni e dei propri
presupposti culturali ed intellettuali.
Il Palazzo Marchesale Caracciolo-Del Balzo è un edificio laico ma comunque
templare. E’ una dimora filosofale, è un “libro di pietra”.
La scoperta di questa sua particolare caratteristica è stata del tutto casuale
ed è partita, stranamente, proprio dall’oggetto più significativo del
simbolismo massonico: l’Archipendolo.
Questo è il gioiello del Maestro Venerabile, ovvero della figura più
importante nella gerarchia massonica, e si trova in facciata insieme ad altri
simboli fino a questo momento descritti come rosoni a carattere geometrico
astratto.
L’appassionante e intrigante scoperta ha condotto a nuove ed interessanti
osservazioni che hanno dischiuso un invisibile e, finora, inenarrato mistero.
L’artefice di tutto fu certamente Francesco Caracciolo (che nel XVII sec fece
costruire l’ala Est del Palazzo). La prova è in un affresco interno che lo
ritrae nella posizione del Maestro Venerabile.
La prima pagina di questo inedito libro di pietra è sul fronte Sud
dell’edificio. Qui sono presenti ben 26 simboli. Ognuno di essi possiede un
significato specifico ma tutti insieme formano un codice, un messaggio per
chiunque sappia e voglia leggerlo.
I simboli sono raccolti in quattro gruppi.
Il numero quattro è il numero della perfezione, è l’emblema del moto e
dell’infinito, di tutto ciò che non è né corporeo né sensibile.
Il primo gruppo (ala ovest) è composto da sette simboli: il numero sette
rappresenta l’ordine settenario, la compiutezza delle cose, l’unione del
bene e del male.
Il secondo gruppo (volume centrale) conta solo tre simboli: il tre è il numero
dello spirito.
Il terzo gruppo (ala Est) è formato da cinque simboli: il cinque è il numero
della materia.
L’ultimo gruppo (ala Est), che sovrasta gli altri è composto da undici
simboli: il numero undici è il segno della forza suprema, della forza
interiore, del trionfo dello spirito umano sulla materia.
Nel primo codice, i simboli sono sette come le candele della Menorah, il
candelabro che Mosè realizzò seguendo le istruzioni impartitegli sul monte
Sinai. Il metodo di accensione delle candele indica il senso di lettura dei
simboli: si accende per prima la settima candela, poi di seguito la terza, la
sesta, la seconda, la quinta, la quarta ed, infine, la centrale.(7)
Le candele di destra rappresentano la polarità positiva, attiva e creatrice; le
candele di sinistra indicano la polarità negativa, passiva e conservatrice.
Il primo e l’ultimo simbolo sono uguali: sono entrambi la rappresentazione del
“Sigillo di Salomone”. Questo dovrebbe indicare che il Principio coincide
con la Fine in un circolo infinito.
Questo è il primo messaggio:
Colui che desideri percorrere il cammino che dalla creazione porta
all’illuminazione dovrà mantenersi puro, avere buona volontà ed equilibrare
se stesso ascoltando le ragioni del cuore e quelle della mente
Il secondo gruppo è composto da tre simboli dal diametro crescente procedendo
da Ovest verso Est. Il primo è il sigillo di Salomone, il secondo ed il terzo
sono Rosoni da 18 petali che rappresentano i 18 membri della fratellanza
raffigurati in un affresco all’interno del palazzo. Dunque, questi ultimi due
rosoni diventano simboli di un’ unione crescente.
Il terzo gruppo è introdotto dal numero cinque: il simbolo della materialità.
Questo codice si legge da destra verso sinistra.
L’inizio è indicato dal simbolo più a Est: il Sole, il simbolo della
saggezza.
Il messaggio si riferisce all’unione del potere (indicato dal simbolo della
torre) e della saggezza (l’anfora indica la mater semper feconda) ma anche
all’unione feconda e consacrata dell’uomo e della donna.
L’ultimo gruppo di simboli è il più complesso e per questo motivo indicherò
il significato di ognuno di essi.
Il primo è la croce simbolo del calice.
Il secondo è il sigillo di Salomone, simbolo di purezza del corpo.
Il terzo è la pietra levigata che indica il lavoro di perfezionamento che
l’iniziato ha compiuto su se stesso.
Il quarto è di nuovo il sigillo di Salomone che però non tocca il cerchio in
cui è inscritto e pertanto potrebbe indicare la purezza di spirito.
Il quinto è la croce di Malta, simbolo dell’ordine e della disciplina.
Il sesto rappresenta due triangoli che si specchiano l’uno nell’altro: il
bene ed il male sono i due aspetti della stessa Verità.
Il settimo è lo scalpello simbolo della combinazione di discernimento e forza
di volontà.
L’ottavo simbolo indica ancora la purezza di spirito.
Il nono è l’archipendolo, simbolo massonico per eccellenza: il filo a piombo
è l’elemento di equilibrio interiore e di ascesa stabile e infinita mentre la
squadra è lo strumento designato alla designazione della perpendicolarità,
quindi della rettitudine e dell’arricchimento spirituale.
Il decimo simbolo è quello della purezza materiale.
Infine l’undicesimo simbolo è di nuovo una croce.
Il codice è simmetrico rispetto al sesto simbolo e scandito dal sigillo di
Salomone ad ogni passo.
Il messaggio va letto alternativamente da destra e da sinistra
Il suo significato dovrebbe indicare ancora il percorso che porta
all’illuminazione:
Una volta bevuto il calice, preserverai la purezza del corpo lavorando su di
esso con saggezza e rettitudine e purificherai la tua anima con l’obbedienza,
la forza di volontà ed il discernimento cosicché potrai raggiungere la
conoscenza suprema e sapere che il bene ed il male sono facce di una stessa
medaglia.
I quattro codici, dunque, indicano i percorsi che portano alla perfezione:
attraverso il controllo del proprio corpo, attraverso l’unione dell’uomo e
della donna come equilibrio di forza e saggezza, ed attraverso l’elevazione
dello spirito.
Con questa premessa oltrepassiamo il portone d’ingresso, simbolo del passaggio
da un mondo all’altro e rechiamoci nella sala di Giustizia, la sala dove con
ogni probabilità, si riunivano i Massoni.
Questa stanza è dotata di tre porte:
una ad Oriente da cui entrava il Maestro Venerabile; una ad Occidente da cui
entravano gli apprendisti (che entrando dovevano guardare al loro futuro) ed
infine, una a Nord da cui entravano i compagni.
Una cornice affrescata sui muri ritrae i 18 membri della Loggia: ad Oriente,
proprio in corrispondenza dell’ingresso Est, campeggia la figura di Francesco
Caracciolo il Maestro Venerabile con in mano il bastone del potere. Ai lati
siedono l’Oratore ed il Segretario della Loggia, ovvero i figli Marino e
GiovanBattista. Di Fronte al Maestro, ad Occidente, siede il primo sorvegliante
di cui nome e ritratto sono stati staccati ma di cui si può almeno leggere il
titolo: Cardinale Cont… Viceré e Capitan Ge… del Regno di Napoli. A
Mezzogiorno siede il secondo sorvegliante: Bartolomeo, re di Torre Magliaro.
Tutti gli altri sono compagni.
Queste immagini sono intervallate da scene tratte dalla Gerusalemme Liberata di
Torquato Tasso; tra queste scene, una sembra decontestualizzata rispetto alle
altre. In realtà questa scena è la conferma dell’esistenza della Loggia
massonica nel Palazzo poiché rappresenta l’iniziazione.
Il Maestro educa e contiene la bestialità del drago. Quest’ultimo è la
raffigurazione dell’energia tellurica, delle correnti terrestri che il maestro
non sconfigge ma doma e canalizza a suo favore. Il drago è uscito dalla
caverna, dove alloggiano i suoi simili per liberarsi della propria brutalità e
per divenire uomo/apprendista. (6)
Accanto al drago siedono un cane, conduttore delle anime e guardiano delle
sepolture, una civetta, e draghi urlanti, simboli delle false verità.
Alle spalle del maestro, un serpente adagiato su una roccia e con le fauci
spalancate, rappresenta il simbolo della vita eterna, della capacità di
rinascere e di ringiovanire.
Accanto al maestro, nella posizione propria del compagno, c’è una donna
incinta che rappresenta la Mater semper feconda ovvero, la saggezza che
accompagna sempre il maestro. Questa donna indica al drago una tenda, simbolo
della dimora civile. Il drago lascerà la caverna per fare della tenda la sua
nuova dimora
Nella tenda verrà ammesso l’ exotero che è finalmente diventato esotero.
Altre due stanze del Palazzo sono riconducibili al simbolismo massonico. Si
tratta della stanza dell’ Arca di Noè, chiamata così per l’affresco che la
caratterizza e di una stanza quadrata, che si trova tra questa e la sala di
Giustizia.
L'Arca rappresenta il dominio delle Acque inferiori, ed è il simbolo della
dimora protetta da Dio che salva le specie della terra (Chavalier e Gheerbrant):
per Filone d'Alessandria rappresenta il corpo dell'uomo. L'Arca è anche vista
come il ricettacolo della conoscenza sacra antidiluviana che Noè ha salvato per
i posteri e che è contenuta nella Torà ebraica. Essa rappresenta, infine, la
scienza sacra che non deve essere rivelata ai profani al di là della sua forma
materiale, perchè racchiude segreti iniziatici.
L’altra stanza, che con linguaggio massonico potremmo definire come “stanza
di mezzo”, è dotata di tre aperture ed è coperta da una volta a schifo. Sia
la volta che le pareti sono completamente affrescate con motivi settecenteschi.